Plasma Works


Dalle geometrie topologiche al landscape urbanism


“Plasma Works: dalle geometrie topologiche al landscape urbanism” è un volume della serie “La Rivoluzione Informatica in architettura”, collana diretta da Antonino Saggio, pubblicata dalla casa editrice Edil stampa nel novembre 2012, scritto da Maria Elisabetta Bonafede (Pistoia 1964), architetto storica dell'arte e saggista laureata in architettura a Firenze.


Dopo la prefazione e la premessa, nelle quali viene introdotto Plasma Studio con le sue innovative tecniche di progettazione ma soprattutto di connessione interpersonale e professionale, composto da Eva Castro Holger Kehne e Ulla Hell, ci si addentra subito all’interno della loro multiculturale filosofia architettonica prima da un punto di vista teorico e poi, grazie ai numerosi esempi realizzati e non, da un punto di vista pratico.


Con la rivoluzione informatico digitale, l'architettura ha acquisito nuove caratteristiche e ha assorbito in sé nuovi concetti come flussi, interattività, interconnettività, software parametrici. Plasma Studio si è adattato perfettamente a questo nuovo approccio trovandone la chiave nel modello informatico, come accennato precedentemente non soltanto dal punto di vista architettonico-progettuale ma soprattutto dal punto di vista connettivo e gestionale.

Non a caso, nelle prime pagine, si inizia subito a parlare del digitale e delle connessioni fra dati, uomo e computer. Lo strumento informatico diventa di fondamentale importanza per gestire la complessità che percorre tutto il corso dal processo creativo fino alla realizzazione dell’opera architettonica, sia nella piccola che nella grande scala. Moli di informazioni sempre maggiori che divengono insostenibili da gestire dal progettista, sia esso da solo che in gruppo. Lo strumento informatico non soltanto diventa un assistente, ma un vero e proprio prolungamento del pensiero dell’artista, non solo della sua mano, ma del suo pensiero lavorando mediante interazione, un nuovo modo di modellare volumi che divengono spazi di vita. Non a caso il computer è diventato indispensabile per i più grandi studi del mondo, grazie al quale è possibile creare modelli sempre modificabili in base a scelte e vincoli progettuali. Un movimento capitanato da Peter Eisenman, in cui Plasma Studio si inserisce a pennello, riprendendo e continuando una ricerca di esperienze totalizzanti e sovrapponendo letture non usuali dell’architettura e di tutti i suoi campi di applicazione.

Nonostante l’aspetto parametrico influisca non poco sul processo progettuale di Plasma Studio, perfino nella discendenza del nome, i suoi componenti non si vogliono limitare nel descrivere la propria architettura semplicemente parametrica, ma come un nuovo modo di pensare e relazionarsi alla geometria, non più come un sistema di dimensioni fisse ma piuttosto di relazioni. Negli ultimi anni, grazie alla collaborazione con Groundlab, i componenti di Plasma si sono iniziati ad interfacciare con il landscape urbanism portando tutta l’esperienza sopra descritta dalla piccola scala ad un nuovo livello di grandezza ed imponenza. Un livello in cui le interconnessioni tra spazio, oggetto, interno, esterno, pubblico e privato sono fortissime, dinamiche e non più basate su un modello geometrico cartesiano come nei secoli passati, ma continuamente modellati, deformati e piegati, come il terreno (“Superfici topologiche” Eisenman) grazie alla potenza ed alla libertà dello strumento informatico, Passando da un modello spaziale funzionalista frammentato e disconnesso ad uno più fluido e interconnesso.

Tutto questo è possibile non soltanto grazie allo strumento informatico in ambito di progettazione, ma grazie anche ad una commistione di figure professionali con competenze diverse che si interfaccia, speso in tempo reale (skype, meet, ecc.) e continuamente, andando a limare ogni piccolo dettaglio, ad elaborare i più reconditi dati e tutte le informazioni per la riuscita del progetto. Proprio per questo uno dei punti di forza di Plasma Studio è il carattere cosmopolita dei suoi componenti, che non soltanto provengono da paesi diversi, ma hanno anche tra le più disparate formazioni accademiche e professionali, tutti con attitudini diverse ma complementari, che probabilmente sono proprio le stesse che danno carattere, innovazione e originalità sia tecnologica che formale ai progetti.

Dai piccoli ma impegnativi lavori di ristrutturazione a Londra, passando per le mostre artistiche e visuali ospitate in molti parti del globo, ai progetti di nel nord Italia e sulle regioni alpine, passando per la consacrazione grazie al quarto piano del famoso hotel Puerta America, fino ad arrivare ai colossali progetti di landscape e landscape urbanism in Cina, la seconda parte del volume ripercorre i passi dello studio spiegando con esempi concreti la filosofia del gruppo. Si parte proprio dai progetti di Londra con la ristrutturazione della palazzina per uffici con la nuova facciata in vetro parzialmente schermato al 136 di Old Street, progetto in cui, data la disposizione e la conformazione plastica delle vetrata si inizia ad intravedere il cuore del pensiero architettonico degli architetti. Poi il Minerva loft, il concorso del Kunstmuseum di Moritzburg, le istallazioni di arte che divengono sperimentazioni e allo stesso tempo dimostrazioni architettoniche a Londra, Messico, Chicago, in Estonia, a Dubai e anche in Italia, per passare poi al quarto piano dell’hotel Puerta America di Madrid. Per quest’ultimo progetto è utile spendere alcune parole, dato che, come prima accennato, è proprio grazie alla sistemazione interna del quarto piano di questo hotel, Plasma studio ha avuto la consacrazione come grande studio di architettura a livello internazionale. L’hotel ha una particolarità di non poco conto, ogni suo piano è stato progettato internamente da uno studio di architettura diverso, e che studi! Zaha Hadid, Arata Isozaki, Foster, Jean Nouvel e altri, tutti riuniti nella sistemazione interna di questo hotel. Per quanto riguarda Plasma, il loro progetto può essere definito come un “Esercizio di geometria topologica”, hanno lavorato in un contesto che sarebbe poi diventato un punto di riferimento dell’architettura temporanea, in cui in una situazione completamente funzionale va ad innestare un’ esperienza degna di una istallazione artistica. Traducono la piega in uno spazio duttile e interattivo come un modello digitale, ma concreto, percorribile, vivibile. Si crea un senso di straniamento del reale grazie anche e soprattutto al materiale, l’acciaio inossidabile, che va a riflettere le luci delle strisce led inserite negli interstizi e gli oggetti/persone che popolano e fruiscono del medesimo spazio. Tute queste pareti fatte da forme sfaccettate delle pareti e del soffitto del corridoio fluiscono anche all’interno delle camere divenendo oggetti di uso giornaliero come armadi, scrivanie, docce ecc. Tutto questo insieme di spazi creano un’ insieme di emozioni e percezione nell’utente che lo portano ad un estraniamento del blocco spazio temporale esterno al questo piano.

Andando avanti si parla delle modellazioni di quegli edifici residenziali e ricettivi costruiti sulle alpi italiane e austriache che vano, grazie proprio alla parametrizzazione del processo artistico e progettuale ad essere estensione delle natura e del paesaggio, in questo caso riprendono spesso le superfici frastagliate e rocciose delle montagne modellate, erose e scavate dal tempo e dagli agenti atmosferici, ma anche illuminate o ombrate dal sole dalla luna e dalle nuvole. Tra questi troviamo la Esker house, la Tetris house, Cube house, lo Strata hotel ripreso in alcuni punti da idee usate per un concorso in cui venne presentato il Cristal hotel, proprio a significare la duttilità delle forme, dei disegni e delle innovazioni della progettazione parametrica dello studio. La grande scoperta, a mio avviso, non sono soltanto le sfaccettature offerte dalla pelle esterna di ogni edificio (di cui spiegano anche la complessità di realizzazione in fabbrica ed in cantiere dovuta alle forme ed ai materiali scelti) ma soprattutto come gli spazi interni sono modellati in stretto contatto con essa e a volte stravolti ma sempre con un dialogo in cui è di facile lettura la connessione interno-esterno-paesaggio.


Si arriva infine alle ultime opere partorite dallo studio, situate in Cina, luogo in cui gli architetti sono chiamati ad interfacciarsi con aree sterminate, a volte comprendenti intere città o paesaggi, spesso da progettare da zero. È il caso dei Flowing Garden per l’Horticultural Exposition di Xi’an un vero e proprio progetto di “Rebuilding Natur” (A. Saggio), un progetto in cui il concetto di nature coincide con l’idea di natura non naturale, ma natura artificiale ricreata con l’information technology, e l’Urban Landscape per la città di Longgang. Due progetti a scale mastodontiche che a meno di un uso quasi smodato dei sistemi informatici e parametri e a meno di una capillarissima interconnessione e commistione di figure competenti sarebbero state di difficile realizzazione, se non per i progetti veri e propri almeno per la distanza del sito di progetto.

“La tettonica trasformativa pone spazi, piani e corpi in relazioni impreviste che sfidano topografie convenzionali e codici spaziali. Un’architettura di traiettoria e slancio, che risponde alle specificità del contesto locale e alle possibilità di coinvolgimento.”